Gestire i confronti

Settimana scorsa ho partecipato a un interessante corso sulla gestione dei conflitti.
Amo questi corsi di formazione: penso siano una bella occasione per mettersi in gioco, ampliare i propri orizzonti, trovare spunti e arricchirsi.
All’interno del tema generale, abbiamo aperto una partentesi sulla gestione del confronto più che del conflitto.
Per gestire un confronto al meglio (quante volte ci  capita di doverci confrontare con qualcuno, che sia il marito, la mamma, la suocera o il proprio responsabile?), bisognerebbe tenere presenti 3 fasi.

1. Fase di apertura
Ti dico come io mi sento, cosa io provo. Le mie emozioni. In comunicazione, si tratta di un “I message”, un messaggio centrato su di me. Parlo di me, non di te. Mi concentro su di me.
Ad esempio: “Mi sento trascurata/ Mi sento sminuita / Mi sento poco apprezzata” e non “Mi sento trascurata perché TU hai fatto questo e quest’altro”.
In quest’ultimo modo sono già passata in una modalità accusatoria e la persona che ho davanti si metterà subito sulla difensiva.

2. Fase di richiesta
Se mi sto aprendo, se ho bisogno di un confronto, vuol dire che ho un bisogno, vuol dire che ho qualcosa da chiedere all’altro.
Per questo bisogna avere chiara in testa una richiesta.
Ti dico come mi sento e per questo ti chiedo, per favore, di fare questa cosa, di aiutarmi in quest’altro.
Un esempio banale: “Caro marito, in questo periodo mi sento sovraccarica, mi sento una trottola che non conclude nulla, mi sento un po’ sola nelle faccende di vita quotidiana. Per aiutarmi, ti chiedo di fare tu tutte le lavatrici.”
Ad una richiesta, la persona che ho di fronte può rispondere in due modi: sì o no.

3. Si apre perciò la terza fase, quelle delle conseguenze.
“Certo cara, farò io tutte le lavatrici da qui all’eternità”: la conseguenza è che tutti viviamo felici e contenti.
“Mi spiace cara ma non se ne parla proprio”: la conseguenza è che ti chiedo il divorzio.

Ok. L’esempio è stupido e banale ma serve solo per chiarire il concetto.
Concentrarsi su di sé, chiedere qualcosa di chiaro e agire di conseguenza.

Quante volte capita di dover affrontare un discorso spinoso e di focalizzarsi sull’altro e non su di noi?
Quante volte capita di usare un tono accusatorio “perché TU non capisci, perché TU non hai fatto questo?”
Pensiamo ai confronti che ci capita di affrontare quotidiniamente: il marito, la mamma, il proprio responsabile o i colleghi.

Io proverò, nelle prossime litigate con mio marito a concentrarmi su di me… Vediamo un po’ l’effetto che fa :-)

Che ne dite? Voi come vi ponete quando entrate in modalità confronto/conflitto?

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